*Re Artù e la spada nella roccia*

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Lana Drown McDonald
view post Posted on 13/11/2010, 15:33




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FIGURA STORICA
La storicità di Re Artù è stata a lungo dibattuta dagli studiosi, ma negli anni si è raggiunto un consenso nel ritenere sostanzialmente leggendaria la figura del sovrano. Una scuola di pensiero avanzerebbe l’ipotesi che fosse vissuto nel tardo V secolo o agli inizi del VI secolo, che fosse stato un romano-britannico e che avesse combattuto il paganesimo sassone. I suoi ipotetici quartieri generali si sarebbero trovati inGalles, Cornovaglia, o ad ovest di ciò che sarebbe diventata l’Inghilterra. Ad ogni modo, le controversie sul centro del suo potere e sul tipo stesso di potere che esercitava continuano oggi.
C’è chi sostiene che la figura di Artù possa coincidere con quella di un certo Riotamo, "re dei Brettoni", attivo durante il regno dell’imperatore romano Antemio. Sfortunatamente, Riotamo è una figura minore di cui sappiamo ancora poco e nemmeno gli studiosi sono in grado di capire se i "bretoni" che comandava erano i britannici o gli abitanti dell’Armorica. Altri studi portano ad identificarlo con Ambrosio Aureliano, unsignore della guerra romano-britannico che vinse alcune importanti battaglie contro gli anglosassoni, tra cui la battaglia del Monte Badon.
Altri suggeriscono di identificarlo con Lucio Artorio Casto, un dux romano del II secolo, i cui successi militari in Britannia sarebbero stati tramandati nei secoli successivi. Ufficiale (col rango di praefectus) della VI legione in Britannia, che potrebbe aver guidato un'unità di cavalieri sarmati (provenienti dall’Ucraina meridionale), stanziati a Ribchester, che conducevano campagne militari a nord del vallo di Adriano. Le imprese militari di Casto in Britannia e Armorica (odierna Bretagna) potrebbero essere state ricordate per i secoli successivi e aver contribuito a formare il nucleo della tradizione arturiana, così come le tradizioni portate dagli alano-sarmati. C'è anche chi parla dell'usurpatore romanoMagno Massimo.
Un’altra teoria è quella secondo cui il nome di Artù sarebbe in realtà un titolo portato da Owain Ddantgwyn, che sembrerebbe essere stato un re di Rhôs. C’è poi l'ipotesi che egli sarebbe in realtà un re dell’età del bronzo, circa 2300 a.C.: estrarre una spada da una roccia sarebbe infatti una metafora della costruzione di una spada e della sua estrazione dalla forma dopo la fusione.
Altre supposizioni si basano sul fatto che Artù fosse Artuir mac Áedán, figlio di re Áedán mac Gabráin della Dalriada, un signore della guerrascozzese che guidò gli scoti di Dalriada contro i pitti. Secondo questa teoria, Artù avrebbe quindi svolto le sue azioni di guerra soprattutto nella regione tra il Vallo di Adriano e quello di Antonino (area del Gododdin). Per alcuni Artù potrebbe addirittura essere stato lo stesso Áedán mac Gabráin. E c’è chi pensa che Artù avrebbe comandato una coalizione di celti cristiani contro gli invasori pagani, riuscendo a tenerli lontani per un centinaio d’anni circa.
Ad ogni modo, si hanno svariati omonimi, o persone con nomi simili, nella sua generazione e si può pensare che siano poi stati riuniti dalle credenze popolari e tramandati come se fossero un'unica entità. Ed ecco così spuntare Arthnou, un principe di Tintagel (in Cornovaglia), che visse nel VI secolo, oppure Athrwys ap Meurig, re del Morgannwg (odierno Glamorgan) e del Gwent (due aree del Galles). Artù potrebbe quindi essere un semplice collage di tutte queste figure mitologiche o storiche.

FIGURA LEGGENDARIA
Il nome Arthu, che come antroponimo risulta storicamente attestato nella Pietra di Artù, in lingua celtica continentale significa orso, simbolodi forza, stabilità e protezione, caratteri anche questi ben presenti in tutta la leggenda[3]. Nella civiltà celtica gli uomini avevano come nome proprio quello di un animale che sceglievano per sottolineare un tratto fisico o caratteriale, e l'orso è l'animale simbolo per eccellenza della regalità. Anche sulla base del suo nome, una scuola di pensiero ritiene che la figura di Artù non abbia nessuna consistenza storica e che si tratterebbe di una semi-dimenticata divinità celtica poi trasformata dalla tradizione orale in un personaggio realmente esistito, come sarebbe accaduto per Lir, dio del mare, divenuto poi re Lear[4]. In gallese la parola arth significa "orso" e tra i celti continentali (anche se non in Britannia) esistevano molte divinità-orso chiamate Artos o Artio. È probabile che queste divinità siano state portate dai Celti in Britannia. Va anche notato che la parola gallese arth, quella latina arctus e quella greca arctos significano "orso". Inoltre, Artù è chiamato l'"Orso di Britannia" da alcuni scrittori. "Arktouros" ("Arcturus" per i Romani), ovvero "guardiano dell'orsa", e "Arturo" in italiano) era il nome che i Greci davano alla stella in cui era stato trasformato Arkas, o Arcade, re dell'Arcadia e figlio di Callisto, che invece era stata trasformata nella costellazione dell'Orsa Maggiore ("Arctus" per i Romani). Altre grafie esistenti del suo nome sono Arzur, Arthus o Artus. L'epiteto di "Pendragon" gli viene invece dal padre, Uther Pendragon.

ARTU' E LA SPADA NELLA ROCCIA
Dai tempi del medioevo si narra la storia di un grande Re di nome Artu', vincitore della guerra contro i Sassoni invasori della Britannia, la terra di cui era sovrano.

Grazie alle sue eroiche gesta unifica il proprio paese, forma il regno di Inghilterra con l'emblematico governo di Camelot e da' inizio al Ordine dei Cavalieri della Tavola Rotonda.

La leggenda di Re Artu' si fonde con quella della magica spada dagli infiniti poteri denominata "Excalibur". Ecco la Leggenda Della Spada nella Roccia narrata dal libro di Terence Hanbury White - "The Sword in the Stone" del 1938:

Artu' nacque, secondo la leggenda, a seguito di un incantesimo di Merlino, grazie al quale Uther Pendragon, precedente re britannico, pote' giacere con la bella Igerna, di cui si era invaghito,facendosi passare per il marito.Nacque il piccolo Artu'che, viene portato via da Merlino il quale lo fa crescere lontano dal regno del padre naturale e in seno ad un altra famiglia.

In eta' adulta ottiene il trono estraendo la "spada da una roccia", estrazione resa possibile solo a colui degno di diventare il "vero re" ovvero l'erede di sangue di Uther Pendragon.

Ecco come andarono i fatti:

Tutti i piu' importanti uomini del regno si riunirono il mattino di Natale a pregare in chiesa e sul sagrato scorsero un grande masso di marmo, al centro del quale era inserita un‘incudine nella quale era infitta fino all'elsa una spada. Attorno alla spada erano incise queste parole: "Chi estrarra' questa spada dalla pietra e dalla pietra sara' il legittimo re d'Inghilterra".

Tutti i piu' forti cavalieri si provarono a estrarre l'arma, ma ebbero un bello sforzarsi: la spada non si mosse di un pollice. "Il vero re non e' qui" disse l'arcivescovo della chiesa, "ma Dio ce lo fara' conoscere. Che dieci uomini vigilino su questa spada finche' non arriva".

Nel frattempo, si decise che tutti i cavalieri avrebbero provato ad estrarre la spada a turno, e in attesa della comparsa del legittimo sovrano si stabili' di tenere un torneo il giorno di Capodanno, in modo che tutti intanto restassero uniti.

La notizia della spada miracolosa e del torneo si diffuse rapidamente dappertutto, e uno dei cavalieri che si reco' a Londra per provare le proprie forze fu Ector, accompagnato da suo figlio Cei e da Artu''.

Cei era stato armato cavaliere solo due mesi prima, e Artu' era il suo scudiero. Era il primo torneo di Cei, il quale s'avvide di aver lasciato la propria spada all'alloggiamento, e disse ad Artu': "Su, corri a prendermi la spada". Artu' ando' alla casa dove alloggiava Cei, ma questa era chiusa: tutti erano andati ad assistere al torneo. "Cei non puo' restare senza spada tutto il giorno" penso' il ragazzo. "Andro' a prendergli quella infissa nel masso davanti alla chiesa".

In quel momento il sagrato era deserto. Artu'impugno' la spada, la estrasse senza la minima difficolta' e la porto' a Cei, il quale subito la impugno' e la riconobbe. Corse dal padre e gli disse: "Sire, ecco la spada infilata nel masso. E' chiaro che devo essere io il re. Sir Ector abbandono' il torneo, porto' il figlio in chiesa e gli ordino' di dirgli, giurando sulla Bibbia, come aveva avuto la spada. "Padre!" esclamo' Cei, "me l'ha data Artu'".

Allora Ector chiese ad Artu' come si fosse procurato la spada, e Artu' gli riferì come si erano svolti i fatti. "Non c'era nessun guardiano sul sagrato?", chiese Sir Ector. "No", rispose Artu'. Adesso so che tu devi essere il re di questo paese. "Perche' proprio io?", domando' Artu' sbalordito. "Perche' questa e' la volonta' di Dio", rispose Ector,"nessuno, salvo il legittimo sovrano, puo' estrarre la spada dal masso e dall'incudine. Adesso fammi vedere se sei in grado di infilare di nuovo la spada nel masso e di estrarla nuovamente". E Artu': "Ma e' semplicissimo!" e rimise l'arma al suo posto.

Sir Ector provo' allora a svellere la spada, ma invano. Ordino' al figlio di fare lo stesso. Anche Cei ne fu incapace, per quanti sforzi facesse. "Adesso prova tu", disse Sir Ector ad Artu', "vediamo se sei in grado di estrarla".

E senza il minimo sforzo, impugnata la spada, la estrasse dal masso. Allora Ector gli svelo' il segreto della sua nascita e come egli fosse stato portato in gran segreto da Merlino. Artu' ne fu rattristato perche' credeva che Sir Ector fosse il suo vero padre, ma l'amore tra i tre resto' saldo quanto prima. Andarono dall'arcivescovo a spiegargli quanto era accaduto, e il prelato decreto' che di lì a dodici giorni tutti i cavalieri dovessero radunarsi un'altra volta, perche' le pretese al trono di Artu' fossero comprovate pubblicamente.

Ognuno tento' ancora di svellere la spada, ma sempre invano. Soltanto Artu'la estrasse senza sforzo. Gli invidiosi cavalieri, pero', non restarono affatto convinti, e pretesero un'altra prova, irritati all'idea che un giovane sconosciuto regnasse su di loro. Dopo la terza prova il popolo proclamo' a gran voce la sua fede in Artu', e finalmente poveri e ricchi si inginocchiarono concordi davanti al nuovo sovrano da tutti riconosciuto tale.

Solo allora Merlino rivelo' all'assemblea dei signori e dei popolani chi fosse il vero padre di Artu'. Questi prese la spada e ando' a porla sull'altare, giurando che sarebbe stato un buon re e che avrebbe difeso la verita' e la giustizia ogni giorno della sua vita. E lo stesso giorno, l'arcivescovo armo'Artu' cavaliere e lo unse re, ed egli da allora regno' con saggezza e prudenza.


Tra le tante leggende quella di Re Artù è sicuramente una delle più affascinanti. Tanti sono i personaggi e le storie che ruotano intorno al Re, nato, secondo la leggenda, grazie ad un incantesimo di Merlino. Il mago permise infatti a Uther Pendragon, re di Britannia, di giacere con la bella Igerna, trasformando i suoi lineamenti in quelli del marito di lei.


La spada nella roccia di San Galgano

Merlino pretese che, in cambio dell'incantesimo, Re Uther gli consegnasse il bambino non appena fosse nato. Al momento della nascita, Merlino reclamò il neonato e lo affidò ad una famiglia per allevarlo. Ma il mago aveva grandi progetti per il piccolo, che infatti, apparentemente per caso divenne Re di Britannia, dopo essere riuscito a estrarre la Spada nella Roccia. Fin qui la leggenda arturiana, ma la leggenda della spada nella roccia si intreccia in maniera decisamente affascinante con la realtà, e per l'esattezza con una realtà tutta italiana.
Siamo nella Toscana del XII secolo, poco lontani da Siena, in un paesino chiamato Chiusdino. Qui, nel 1148, nasce Galgano Guidotti. La cavalleria lo affascina al punto che, dopo una prima visione di San Michele, decide di diventare egli stesso un cavaliere, e la sua vita viene segnata da un comportamento libertino e dissoluto. I suoi genitori avevano per lungo tempo atteso l'arrivo di un figlio, tanto da recarsi in pellegrinaggio verso la Basilica di San Michele sul Monte Gargano, in Puglia (da qui forse il nome del santo), ma si abbandonano allo sconforto davanti a tale comportamento. Il destino ha, però, riservato loro una sorpresa.

Un'antica immagine raffigurante Galgano e la sua spada nella roccia
Galgano, dopo una seconda visione di San Michele, si interroga sulla sua vita e decide di dedicare i suoi anni a venire a Dio e di vivere come un eremita.Impugnata la sua spada, la conficca in una roccia, e davanti all'elsa, che si erge come una croce, egli pregherà (una variante della storia narra che fu lo stesso San Michele a conficcare la spada).Era il 1180 e l'intero anno successivo viene segnato dai miracoli di Galgano, che muore di stenti nel 1181. La sua beatificazione avviene in soli 3 giorni e nel 1185 papa Urbano III lo proclama Santo.Di lui rimane solo il teschio, conservato nella chiesa di Chiusdino, da cui si racconta crescessero capelli biondi, tanto da nominare San Galgano protettore dei calvi. Il resto del corpo non è mai stato trovato, sebbene alcuni testi indichino come luogo di sepoltura l'area intorno alla spada. Sul luogo è stata poi costruita una chiesetta, con una particolare volta dipinta con cerchi concentrici bianchi e neri.
Si potrebbe pensare ad una variazione della leggenda Arturiana, ma c'è una testimonianza incontestabile: la spada è ancora oggi conficcata nella roccia.E su questo mistero sono iniziate le indagini di alcuni ricercatori delle Università di Pavia, Milano, Padova e Siena.I risultati hanno confermato che l'elsa che emerge dalla roccia appartiene a una intera spada realmente conficcata nella roccia. Le ricerche hanno anche permesso di datare con precisione la chiesa e alcuni resti ossei trovati in una piccola scatola, anche se purtroppo i risultati non sono stati resi pubblici.
La cronologia degli eventi, e delle diverse opere che hanno reso celebre Re Artù, testimoniano come in realtà si potrebbe vedere in Galgano un vero e proprio ispiratore del famoso ciclo Arturiano. Lo stesso nome Galgano pare sia stato mutato in Galvano, uno dei cavalieri della tavola rotonda. Il ciclo Arturiano inoltre risale alla fine del XII secolo, esattamente dopo la morte del santo senese.

I resti dell'Abbazia di San Galgano
Se ci si fa trasportare dalla leggenda non si può ignorare uno dei sogni fatti da Galgano, in cui egli incontrò Gesù e i dodici Apostoli seduti intorno ad una tavola rotonda e vide il Santo Graal. Coincidenze si potrebbe dire, ma è facile cedere al fascino dei miti celtici e ambientazioni medievali che fanno da sfondo alla storia e di Galgano. A poca distanza dalla collinetta su cui sorge la chiesetta, infatti, si trovano i resti di un'antica abbazia cistercense, ormai senza tetto, a causa del crollo del campanile, e con un prato al posto del pavimento: un paesaggio che sembra essere tratto dalle più antiche e famose leggende dei cavalieri medievali, un luogo quasi magico in cui circa 750 anni fa si svolsero eventi straordinari.

EXCALIBUR
Il nome Excalibur significa in grado di tagliare l'acciaio. La prima traduzione (secondo Geoffrey of Monmouth, Robert Wace e Layamon), chiamava la spada Caliburn; una spada magica venuta da Avalon. Nella tradizione celtica il nome originale era Caledfwylch. La versione in cui Artù estraeva la spada dalla roccia apparve per la prima volta nel racconto in versi francese Merlino, di Robert de Boron (fine XII secolo – inizioXIII secolo). Ma l'autore inglese sir Thomas Malory, ne La morte di Artù (1485), scrisse che la spada che Artù aveva estratto dalla roccia non era Excalibur, poiché Artù aveva rotto la sua prima spada in uno scontro contro re Pellinor; lo stesso viene affermato nella francese Suite du Merlin (Prosa di Merlino), ca. 1240. Poco dopo, Artù ricevette una nuova spada dalla Dama del Lago, e questa era chiamata esplicitamente Excalibur: una spada diversa, secondo Malory, dalla prima.
Il fodero di Excalibur aveva il potere magico di proteggere il suo proprietario dall'essere ferito; è il furto del fodero da parte di Morgana la Fatache porta, alla fine, alla morte di Artù. In Morte Arthure (ca. 1400), si dice che Artù aveva due spade; la seconda era Clarent, rubata dal malvagio Mordred, che con essa diede ad Artù il colpo mortale.

Excalibur è la più famosa delle mitologiche spade di re Artù.
La storia e la leggenda di re Artù sono intimamente legate alla magica e misteriosa spadaExcalibur. Come il mago Merlino aveva annunciato, solamente l'uomo in grado di estrarre la spada dalla roccia sarebbe diventato re. Artù, inginocchiato di fronte alla roccia, fece proprio questo: prese la spada, la portò con sé fino alla Cattedrale e la depose sull'altare. Artù fu unto con l'olio santo e, alla presenza di tutti i baroni e della gente comune, giurò solennemente di essere un sovrano leale e di difendere la verità e la giustizia per tutti i giorni della sua vita. Sebbene Excalibur sia identificata con la spada nella roccia, specie nelle versioni recenti del mito arturiano, in numerose opere sono due spade distinte. La leggenda e la storia si sono mischiate tra loro nel tempo e la leggenda di re Artù, dei Cavalieri della Tavola Rotonda e della magica spada Excalibur, sono giunte intimamente unite fino ai nostri giorni
 
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